
RESTAURO APPARATO 40 ORE DEL DUOMO TOLMEZZO
L’APPARATO DELLE 40 ORE DEL DUOMO DI SAN MARTINO A TOLMEZZO
Nel periodo pasquale l’Altare maggiore del Duomo di Tolmezzo viene completamente trasformato grazie all’Apparato
delle Quarant’Ore, un’imponente costruzione in legno e metallo molto scenografica che viene eretta in occasione della solenne esposizione annuale del Santissimo Sacramento e va a coprire la Pala raffigurante la Vergine col Bambino
fra i SS. Martino e Carlo Borromeo dell’artista veneziano Francesco Fontebasso del 1763.
Diffusi soprattutto nell’epoca Barocca, con il fine di sottolineare in maniera straordinaria il tempo trascorso da Cristo nel sepolcro prima della Resurrezione, le MACCHINE DELLE QUARANTORE sono sempre formate da un imponente sostegno ligneo con molti bracci portacandele; l’opera di Tolmezzo è un’importante struttura in legno e metallo interamente dorati e riccamente ornata con volute, foglie, tralci di vite e grappoli d’uva, putti e due angeli e sono uno dei rari apparati
friulani giunti fino ai nostri giorni.
Una volta assemblata raggiunge la ragguardevole altezza di circa 3 metri e mezzo, la larghezza è di circa 210 cm.
I Candelieri sono 62!
L’opera versava in condizioni conservative critiche che peggioravano ogni qualvolta l’apparato veniva
maneggiato per le operazioni di montaggio e smontaggio.
Le parti metalliche erano interamente coperte da pesanti stesure di porporina, utilizzata in passato
con il chiaro scopo di ravvivare il metallo originale.
I problemi più gravi si riscontravano nelle parti lignee, anch’esse in parte offuscate dalla porporina:
vaste aree della preparazione in gesso (di supporto alla doratura) non risultavano più adese
al legno scolpito.
Tutta la costruzione presenta infatti un numero altissimo di lacune, con porzioni di doratura anche
molto estese oramai irrimediabilmente perdute.
La Parrocchia ed il Comitato di San Martino (che, tra le altre cose, si occupa anche del montaggio e smontaggio dell’opera)
ha espresso la forte volontà di non consegnare l’opera all’oblio ma, viceversa, di mantenere viva la tradizione che, attraverso
il suo montaggio, si perpetua da secoli unitamente al fortissimo impatto emotivo e simbolico che essa suscita in chi, nel periodo Pasquale, si reca in chiesa. Restaurare questo bene rappresentava l’unica via per poter continuare ad esporre
ogni anno l’opera e tramandarla alle future generazioni, poiché i danni che manifestava rendevano tale operazione
sempre più rischiosa e difficile.
L’apparato delle 40 Ore si sta progressivamente e rapidamente degradando. L’unica possibilità per mantenerlo e,
soprattutto, per poter continuare ad esporlo nel periodo pasquale è l’intervento per conservarne la struttura e l’estetica. Obiettivo è dunque portare avanti questa tradizione centenaria evitando il rischio di “mettere da parte” l’Apparato stesso perdendone progressivamente la memoria, come accaduto per molte delle opere d’arte legate ad un preciso momento dell’Anno Eucaristico che sono state così consegnate all’oblio.
Si è trattato di un restauro conservativo che è iniziato con il trattamento antitarlo: prima in anossia,
poi con medium liquido.
Dalle parti metalliche sono state pazientemente rimosse porporina e ridipinture preservando, dove emergeva,
la doratura originale.
Si è quindi provveduto al consolidamento del gesso che fa e faceva da base sia alle parti colorate
che alle parti dorate, ma anche (v. i vasi) delle parti ridipinte a porporina.
È stata verificata la stabilità dei pezzi che restano nascosti alla vista e fungono da sostegno e raccordo
tra tutti gli altri elementi e, dove necessario, si è provveduto al loro consolidamento.
Le lacune della base sono state ricostruite con gesso di Bologna e colla animale.
Quanto ai vasi copri-colonna una volta rimossa la porporina hanno rivelato che in origine erano dorati solo
in alcuni punti mentre la parte centrale dei vasi era elegantemente dipinta. Colore e doratura originari
sono stati recuperati mentre le parti perdute sono state ricostruite. Il colore con acquerelli e tecnica “a rigatino”.
Le lacune più estese della doratura sono state ricostruite con tecnica “a guazzo” mentre quelle più piccole
sono state risarcite con colori a vernice e tecnica a rigatino.
Alcuni punti di innesto dei candelieri sono stati saldati o rinforzati.
Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con la Ditta Fratelli Rossitti di Tolmezzo che ha provveduto
al trattamentoin anossia alla ricostruzione delle parti strutturali in legno mancanti.






































